#:please bleed

giugno 27, 2007

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turn out the lights and let me stare into your soul

5:Lee

giugno 25, 2007

Faccio le scale in un attimo, sono giù, tiro la tenda che separa la cucina dal corridoio e sono dentro, il caldo mi assale e soprattutto un urlo: ” MaLLLco!”

E’ Lee, lo chef cinese.

“Lee san it’s ready?”

“Leady, leady, away, away, go Malco, go! ”

Prendo i piatti, riempio il vassoio e vado via…

E’ lui! E’ Lee! Lui mi fa fare su e giù per le scale! E’ lui che gestisce la campanella per chiamare i camerieri!

E’ lui lo chef che comanda la cucina, e come tutti gli chef è un personaggio. Ha circa 40 anni e probabilmente tre quarti di questi li ha passati in ristorante, dico probabilmente perchè da come si veste quando lavora più che un cuoco sembrerebbe un imbianchino, quindi non ne son sicurissimo. Vorrei togliermi questo dubbio, vorrei chiedergli cosa faceva in passato, se ha girato mezza europa cambiando ogni volta grandi città e ristoranti, come ha iniziato a fare il cuoco, a quanti anni ha lasciato l’Asia…ma penso che non avrò mai nessuna risposta, e non è il timore riverenziale che può avere un cameriere verso uno chef a bloccarmi, per niente, fondamentalmente c’è di mezzo il fatto che Lee non parla inglese, o meglio lo parla, ma come dice lui “giast a lidol”. Per darvi un’idea il suo “lidol” è così “lidol” che delle volte parlando a mezzo metro di distanza l’uno dall’altro, ad esempio per sapere quale è l’antipasto del giorno, alla domanda “Lee san, appetizer of the day?” è capace di fare una faccia come se gli avessero chiesto il valore della circonferenza della Terra in pollici e rispondere “pardon?”. Un’altra volta, dopo aver parlato per venti minuti con gli altri cuochi dell’ordinare delle stecche di sigarette da un tipo che gliele vende sottoprezzo, alla domada finale casualmente fatta in inglese “So, Lee san, do you want cigarette?”, lui ha risposto “Sugar? Why sugar?”. E ancora, una volta che son entrato in cucina poco prima che il piatto fosse pronto per esser portato via, lui mi fa “Wait Malco, wait, twenty seconds, look look”, e armeggiando tra i fornelli ha iniziato a contare “one, two, three…fourteen, fifteen, eighteen, nineteen, twenty! Leady!”, nessuno gli aveva detto che esistevano anche il 16 e il 17. Invece quando ha compilato l’application form in inglese per essere assunto in ristorante ha dato un’interpretazione tutta sua ai campi Nationality e Origin. All’inizio ha chiesto spiegazioni per essere sicuro di non sbagliare, e infatti gli è stato spiegato “…bhè in nationality devi dire semplicemente la tua nazionianalità, ad esempio potrebbe essere giapponese, cinese, inglese etc.. in origin invece devi dire se sei asiatico, europeo, africano etc… semplicemente questo”. Alla fine ha risposto: Nationality:china (e questa passi), Origin:yellow. Fantastico. E siccome lo zoppo non cammina mai da solo anche i suoi amici con l’inglese non scherzano. Una volta ha telefonato in ristorante un suo amico, uno che ogni tanto passava a dargli una mano in cucina. SoYoung risponde e dice il solito “Good evening, H. japanese restaurant, how can I help you”, e dall’altro lato “Emmm, eee….”, “Hello? Can I help you?”, “Ee, eee, mmm…”, “Hello? Would you like make a reservation? Take away?”, “Eeee, eee, mmmm, CHINESE, CHINESE!”, “Ok, just a moment”, SoYoung va verso la cucina e grida “Lee san! It’s for you! pick up the phone!”.

Non so da quanto anni Lee viva a Londra, ma alla fine anche lui quel “lidol” di inglese lo ha imparato, almeno quello che serve per sopravvivere e lavorare anche con non chinese speaking, e dal lunedì al sabato fa volentieri uso delle sue conoscenze:

Monday: “Lee san, table 12 away (vuol dire che al 12 hanno finito l’antipasto e può iniziare a preparare il piatto principale) please”, “Yes, twenty seconds!”

Tuesday: “Lee san, new order: two menu A (i menu da noi son numerati dal più economico A al più caro, e complesso, F) table 21”, “No ploblem, no ploblem!”

Wednesday: “Lee san, salmon tery table 24 ready?”, “Not yet, wait wait”

Thursday (busy): “Lee san, new order: table 18 four menu C please “, “Shit!”

Friday (busy): “Lee san, table 11 away, and new order: table 14 three menu B, two of them with miso soup and tempura for straight vegetarian (che vuol dire dover fare da zero una nuova zuppa senza fish stock per la miso soup e mettere su una nuova padella con dell’olio nuovo ancora da far scaldare per friggere i vegetali della tempura, cioè una gran rottura per i cuochi)” , “FUCK!”

Saturday (BUSY): “Lee san, one appetizer missing for table 15, table 21 away, new order: table 23 two menu F, and seven walk in (i clienti che arrivano senza prenotazione e che sballano il ritmo della cucina sono walk in) now!”, “FUCKING SHIT!!!”

Questo è l’inglese di Lee dal lunedì al sabato, la domenica è il suo giorno off e la tengo fuori dall’elenco. Non mi sembra uno interessato a guardare il sei nazioni di rugby accerchiato da cockney in un pub di mezza periferia, quindi suppongo che anche il suo inglese in questo giorno sia off.

Ma Lee non è solo lingue straniere, lui è proprio genio e sregolatezza. Una volta in un attimo di tranquillità ho fatto un giro in cucina e ho trovato una rivista “le 100 donne più belle del mondo, edizione 2007”, l’ho sventolata in aria mostrandola a Lee e chiedendogli “And this?”, lui mi ha squadrato con le sopracciglia corrugate e mi ha risposto “I am a man Malco! You know, I am a man!”. Ma Lee, oltre a sfogliare riviste inglesi, ha anche altri modi di riempire il tempo libero in ristorante, uno dei più importanti è dormire nella pausa tra turno di pranzo e cena. Un giorno mentre stavo per uscire e andare a lezione lo ho visto salire dalla cucina con un rotolone asciugatutto da cucina. La faccia era come quella di uno che in campeggio lascia la sua tenda con il suo rotolo di cartaigienica e si dirige verso i bagni pronto a mummificare il water e fare la cacca in tranquillità, allo stesso modo sulla faccia di Lee si poteva leggere che stava finalmente andando a dormire, solo che non riuscivo a capire che cosa centrasse il rotolone asciugatutto. Ha puntato un tavolo vuoto, ha dato un paio di colpetti allo scottex per ammordirlo, si è seduto, e sorridendo ha abbracciato il rotolone come se fosse il suo cuscino, mettendo i duecento strati di morbidezza tra la sua faccia e il duro legno del tavolo. Un genio.

Forse non scoprirò se ha mai fatto l’imbianchino, come mai sia finito in Europa e a Londra (anche se ho saputo che ha una visa da rifugiato politico, e non so proprio che cosa se ne faccia di una visa da rifugiato politico lui) e perchè è l’unico in ristorante che dice ancora MaLco e non MaRco, ma questo, in definitiva, è lo chef che mi fa fare su è giù per le scale in continuazione, questo è Lee san.

#:city

giugno 17, 2007

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4:rise rose risen

giugno 17, 2007

Nel bel mezzo di un busy friday night, quando tutti i tavoli del ristorante sono occupati, quando tutti i clienti hanno appena ricevuto il menu, stanno bevendo il primo sorso del loro drink o squadrano con attenzione il piatto che gli è stato appena servito, quando in cucina gli chef stanno urlando davanti ai fornelli e cercano di far diminuire la pila di comande ricevute il più in fretta possibile, in quel momento, quando anche il telefono smette di suonare e nessun nuovo cliente prova ad affacciarsi all’ingresso, bhè in quel momento può succedere che per un cameriere non ci sia assolutamente niente da fare. I bicchieri ai tavoli son sufficientemente pieni e non c’è bisogno di riempirli, nessun cliente sta roteando gli occhi nel vuoto in cerca di qualcuno che gli spieghi il menu, il frigo nel bar è pieno, la lavastoviglie è vuota, la stazione con bacchette, piattini, soy sauce, tonkatsu sauce è in ordine, il bidone con la spazzatura è a metà, e la cucina non inzia ancora a suonare la campanella; venerdì scorso, in questo preciso momento, mi ha fulminato una domanda: quante volte ho fatto le scale per salire e scendere tra i tavoli al piano terra, quelli al primo piano e la cucina nel seminterrato? quale è il dislivello equivalente a tutte le volte che ho fatto le scale? ho preso la calcolatrice dalla stazione e freneticamente ho iniziato a fare due conti.

Ogni piano è alto circa3m.

Ci sono due piani, quindi il dislivello totale è 6m.

Facendo una media dal lunedì al venerdì e approssimando moltissimo per difetto in ogni shift faccio su è giù circa 10 volte.

Faccio circa 10 shift alla settimana.

Lavoro da H. da 16 settimane.

6per10per10per16=9600m di dislivello

Questo vuol dire che il MonteBianco, il Kilimangiaro e il MonteFuji mi fanno una pippa. Che ho abbondantemente scalato l’Everest (8848m) . Che ne son anche risceso. E che ho fatto il tutto in camicia e senza bombole di ossigeno.

Praticamente sono il nuovo Messner e non lo sapevo.

Ovviamente questo attimo di pace nel bel mezzo della tempesta è molto breve, giusto il tempo di battere qualche numero sulla calcolatrice…

Un “emm, excuse me…” mi riporta ai 20msl di Londra.

“…ohh, yes madame, just one second”.

Mi giro per andare nel bar e fare un vodkatonic. Di colpo la porta dell’ingresso si apre. Quasi nello stesso istante il telefono comincia a squillare. Un decimo di secondo dopo la campanella della cucina suona: “DIN!”.

Di nuovo busy. Da dove inizio? Ma dalla cucina naturalmente, e soprattutto dal fare le scale.

3:the crew

giugno 11, 2007

3:east

giugno 10, 2007

domenica.

Un minuto e sono a bricklane, e oggi da qualsiasi parte la prendi, dal lato di handbury street o da quello di bethnal green, è tutta pullulare.

Io inizio dalla parte bassa, dal lato vicino a casa.

Butto la testa dentro il sundayUPmarket, anche se è mezzogiorno e mezzo qualcuno ha già iniziato a mangiare, gli altri zampettano tra bancarelle di magliette, stand di giovani stilisti e banchetti di roba da mangiare. Vado avanti e in strada, lungo la parete dello stesso edificio appaiono i primi ragazzi che vendono i loro vestiti, stamattina hanno aperto l’armadio, hanno preso un telo da mettere a terra e un pò di roba vecchia che non usavano più, e ora stanno seduti in strada a prendere il sole aspettando di tirar fuori un baratto o qualche cosa di simile. Il vicolo del cafè1001 è strapieno, la griglia messa per strada è accerchiata di carne, verdure e birre, chi vuole mangiare deve solo mettersi ad aspettare in una fila che si autogenera, poi un posto a sedere nelle panche di legno per strada lo si trova sempre. Guardo un pò più in fondo, pure la seconda entrata del sundayUPmarket è piena, e la gente seduta ancora più in la sul marciapiede dice che anche il chillybar è pieno. Nel vicolo i rumori rimbombano, c’è di tutto, sembra di riuscire a sentire anche il rumore della birra mentre viene inghiottita, non entro, seguo il flusso e vado venti metri più avanti. Son davanti al vibebar, dietro la cancellata gigante e sotto gli alberi altrettanto grandi le panche son ancora mezzo vuote, nel mentre anche qui le griglie hanno iniziato a funzionare e la carbonella inizia a prendere il colore giusto, dall’altro lato la OldTrumanBrewery è aperta. Il blocco della vecchia fabbrica cappeggiata dalla ciminiera con la scrittona TRUMAN ospita una mostra di design, che non è un granchè, soprattutto perchè a farla da padrona sono il sole che entra dalle vetrate del soffitto, i muri vecchi di mattoni rossi e il poter stare seduti alla base della torre, di fianco, in un’altra sala, son esposte delle tele e un dj mette musica in sottofondo, bello, ma anche qui è il contesto dell’edificio che rende tutto pazzesco. Torno in strada. Ormai la folla è un fiume, i marciapiedi son cancellati dalle persone sedute su teli colorati, e a petto nudo o in costume vendono le loro chincaglierie, dietro di loro i negozietti misti quelli vintage e le l’indipendentbookshop hanno tutti le porte completamente aperte. Più avanti gli asciugamani e la gente che prende il sole continua, una signora ha lasciato direttamente il telo agli improponibili oggetti che vende, ha aperto la valigia e ci si è accovacciata dentro. Arriva il ponte della ferrovia, che regala un minimo di ombra, e un fila di un centinaio di biciclette fa bella mostra aspettando che qualcuno se ne torni a casa con loro invece che con il bus, c’è di tutto ovviamente, freni a bacchetta, mountain bike, corsa, e cross con il manubrio tipo chopper lungo un metro e mezzo. Poi improvvisamente inizia un bancone della frutta, tutti i colori che vuoi, a destra invece appare il banchetto dei predicatori che cercano di convertire qualche passante. Sono a cavallo della ferrovia, sono sotto il ponte, arriva cheshire street, ma oggi non la prendo. In cheshire street ci son alcuni tra i negozietti più carini della zona, almeno nella parte iniziale, poi cambia e più si va in fondo e più diventa mercato di strada, fino alla fantastica parte finale dove dei vecchi capannoni deposito della ferrovia o di qualche vecchia fabbrica ospitano un deposito di roba usata/rubata, uno spazio gigantesco vuoto per esposizioni e un magazzino vintage in cui le commesse che ci lavorano credo facessero le comparse per happy days e da cui l’odore di naftalina si spinge ampiamente fino in strada. Ma oggi sto su bricklane, continuo a risalirla e ora i cafè spopolano, tutti con le vetrate spalancate e la gente che beve mezza seduta fuori e mezza dentro. In strada c’è parcheggiata l’ape cross di un paio di ragazi italiani, nel cassone hanno montato una macchina del caffè professionale e fanno il caffè per strada, durante la settimana li trovi davanti ai grossi uffici con la gente che fa la fila per berne uno fatto da loro, il we è il turno di chi cammina qui in zona. E alla fine anche bricklane finisce. Tiro dritto fino a colubia road e il mercato dei fiori o no? No. Faccio un giro nella parte di roba rubata lungo bethnal green? No. Meglio se torno indietro, attraverso il mercato delle biciclette e dopo compro un pò di frutta. E poi mi fermo a sentire un pò di musica per strada, vicino al ponte della ferrovia tre tipi con chitarra contrabbasso e minibatteria stavano suonando un qualcosa tipo blues, e davati al 93feet, prima della OldTruman, c’era quello che ballava tiptap su un tavolone di legno con i soci che lo accampagnavo con le percussioni. Si farò così.

I do love eastend.

#:£400.000

giugno 5, 2007

ieri o avantieri è stato presentato il logo delle olimpiadi Londra2012, mettete le paroline magiche su google immagini e vedete di cosa si tratta.

brutto, ma brutto, così brutto che non mi spreco nemmeno a caricarne l’immagine.

chiaramente il grafico si è dimenticato di aver la consegna e all’ultimo minuto ha recuperato due righe tirate giù dal figlio più piccolo, non c’è altra spiegazione, fatto sta che gli è comunque fruttato un paio di sterline, vedi titolo.

diciamo che è talmente brutto che se la gioca con il logo di Italia90 (qui)

aggiornamento: il logo è stato rimosso dal sito ufficiale delle olimpiadi perchè avevano paura potesse causare attacchi epilettici (non scherzo).

aggiornamento: promo del tour de france grand depart london 2007

non voglio immaginare la faccia del grafico di londra2012

#:london eating

giugno 2, 2007

uno dei migliori ristoranti italiani a londra, secondo londoneating.com , è LA FIGA (The Mosaic Building, 45 Narrow Street, Limehouse, London, E14 8DW ).
in particolare nelle recensioni i clienti consigliano di provare il piatto FIGA CALDA AL SUGO…

tutto vero